Ichiban e l’ossessione delle misure

Aikido wa ichiban budo desu – 合気道は一番武道です。

Questa frase del fondatore dell’Aikido torna ciclicamente. In qualche articolo, in qualche discorso tra praticanti, durante gli allenamenti, negli stage.

Un evergreen, insomma.

Ma che cosa significa? Se lo chiediamo ai vari praticanti che sono cresciuti con uno stillicidio di un frasario giapponese tramandato e accettato senza battere ciglio, la risposta sarà:

L’Aikido è, prima di tutto, un’Arte Marziale.

Non stupisce quindi che questa frase sia evocata in due particolari situazioni.

La prima: in quegli ambienti di pratica in cui le tecniche sono eseguite con un certo vigore che sconfina spesso in un uso incontrollato della forza, specie nelle leve e nelle proiezioni. “In fondo, ragazzi, non stiamo qui a pettinare le bambole”. E se qualcuno si fa male, pazienza.

La seconda: in quegli ambienti di pratica in cui lo studio didascalico delle tecniche è spesso giustificato ricordando le radici dell’Aikido nel Ju Jutsu e allora l’allenamento diventa un luogo distopico in cui bisogna immaginarsi un’orda di samurai che ci attaccano in 9345 configurazioni diverse. “Ragazzi, siamo tutti buoni e cari ma ricordiamoci che, anche se non facciamo gare o combattimenti, stiamo praticando fondamentalmente un’Arte Marziale”.

Ma perché il fondatore di un’Arte Marziale avrebbe dovuto ricordare ai suoi allievi -e a noi- che si tratta prima di tutto di…un’Arte Marziale?

In effetti, ichiban (一番) significa “primo”, “migliore”, “più importante” e allora la frase suona come

L’Aikido è l’Arte Marziale numero uno.

Immaginiamocela in bocca a Morihei Ueshiba. Detta cioè da un Giapponese. Una persona appartenente a una cultura e a un popolo dove ancora oggi come giri lo sguardo vedi il ramen migliore, la birra numero uno al mondo, il sake più importante…

Restituisce al fondatore dell’Aikido -persona degnissima e sicuramente con doti sopra la media- la giusta dimensione di essere umano. Come tanti, come tutti -Giapponesi e non- orgoglioso del suo valore e di quanto realizza. Come tutti i suoi connazionali, naturalmente proteso verso l’eccellenza. Sempre.

Non un’Arte Marziale come le altre. Addirittura la migliore.

Siamo esseri meravigliosamente complessi nella semplicità dei nostri meccanismi di base. Dedichiamo energie e sforzi in diverse direzioni, spesso senza avere chiaro il perché delle nostre azioni. E’ lì che intervengono i nostri meccanismi di retroazione.

Siccome non ci piace dover constatare di seguire direzioni infruttuose, allora nasce la comparazione. Nasce l’esigenza di misurarsi. E se l’esigenza di misurarsi può restituire il proprio spazio nel mondo e diventare un confronto dinamico, la stessa necessità in fondo di rassicurazione può portare il nostro ego a fare la cosa più semplice: specchiarsi e darsi ragione da solo.

Ritenersi i migliori.

E’ un vizietto che riguarda tutti, in tutti i campi.

“Ah, quelli del Karate, quanto sono scattosi… Guarda invece quanto siamo morbidi e fluidi noi”

“Mmh, sì, JudoCedevolezza, sì sì. Peròòòòòò troppa forza e poi tutta questa sportivizzazione. Signora mia, ma non vedono che i depositari del Budo siamo noi?”

Ju Jitsu. Sì, bello. Però intanto iniziamo a chiamarlo Ju Jutsu e poooooi tutte quelle leve tirate al massimo. Che brutalità inutile. Dovrebbero venire da noi a imparare un po’ il bon ton“…

Ovviamente potremmo andare avanti, come del resto, a parti invertite, “quelli dell’Aikido” sono come quegli zii strani invitati al pranzo di famiglia. Meritevoli di un sorriso tirato di circostanza e poco più.

Morihei Ueshiba avrà avuto i suoi motivi per affermare che l’Aikido fosse la migliore Arte Marziale. Magari pensava che fondesse in sé tutto il meglio della conoscenza marziale dell’epoca. O magari era (anche) il tipico marketing che il nazionalismo orientale incide nella coscienza delle persone. Vai a sapere!

Ma noi, che motivi abbiamo?

Siamo così insicuri dello strumento di crescita personale che abbiamo scelto che dobbiamo rafforzare le nostre scelte a discapito delle altrui articolazioni? Oppure abbiamo bisogno di lavorare di fantasia, con iperboli tecniche e filologiche improbabili che affondano le loro elaborate radici in secoli lontani, in cui non c’era nemmeno l’Aikido? Il tutto perché non ci siamo mai posti il problema che “l’Aikido prima di tutto è un’Arte Marziale” è una frase senza alcuna logica?

E se, peggio, raddrizziamo la frase e le restituiamo il tono orgogliosamente fiero del Fondatore? Siamo così insicuri da dover continuamente confrontarci, tra praticanti di Aikido, su quanto è lungo il nostro ki? O da dover ribadire, anche di fronte magari a olimpionici, di essere in fondo i migliori?

Di migliore o peggiore c’è sicuramente la scelta degli strumenti a disposizione per essere persone migliori…di quanto non lo fossimo ieri.

E allora ben venga se per alcuni l’Aikido è, in questo senso, l’Arte Marziale numero uno, così come per altri lo sono Karate, Judo, Kendo, Ju Jutsu, MMA, BJJ… L’obiettivo della disciplina marziale è del resto uno solo: forgiare donne e uomini capaci di responsabilità e dell’etica che viene dal lavoro quotidiano ed è certamente lì che Budo tradizionale e Sport da Combattimento convergono.

Disclaimer: Foto di charlesdeluvio su Unsplash

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